Nella sua prima personale in Italia, Hugo Canoilas mostra nuovi lavori di pittura con assemblaggi di testo e oggetti, perseguendo la sua ricerca sull’espansione della pittura e sulle possibilità verbali dell’oggettività. Opere nomadi in tempi di povertà e necessità, stabiliscono reminiscenze forti e intriganti di Arte Povera. Secondo ciò che l’artista dice:
“Alcuni testi sono realizzati su tele già dipinte, ciò mi sta molto bene, ma richiede un’enorme precisione tecnica nel modo in cui vengono sovrapposte ad altri tessuti e quindi stese tra le estremità del telaio in legno. Sì, tra le estremità e non ai lati, infatti in molti dipinti io taglio le tele in modo da lasciarle libere lateralmente. Combatto contro l’ortogonalità delle tele, nel tentativo di rendere più familiare a me stesso il mio corpo, le forme rotonde, non fisse e libere da ogni forma di razionalità. I testi sulle tele sono estratti da libri che sono in giro nel mio studio: alcuni titoli di rappresentazioni o parti di testi su Kaprow, Braci di Becket, Sotto il vulcanodi Lowry. I testi dipinti rappresentano l’interruzione dell’atto pittorico. Oggi dipingere le parole e fluttuare tra i testi mi impone un tempo di riflessione di azione diverso, più lungo.
I dialoghi e le descrizioni di ambienti dello spazio diventano un tutt’uno con me stesso. I dipinti all’inizio sembrano semplicemente una struttura atta a ricevere il testo, ma alla fine estendono le mie possibilità di fare pittura. Le tele sono sospese con un cavo da pesca metallico e tenute nella loro posizione da un peso, e si muovono tracciando un disegno tra il suolo e gli osservatori che cercano di trovare affinità elettive tra i testi.
Contemporaneamente si possono trovare vari oggettti e la loro relazione ad una parola: scarpa, bicicletta , pietra . – Il testo è come se avesse un suono interno, una voce; diventa più teatrale che un dipinto. Le tele sembrano gridare: Tutto eccetto la pittura. Ma non possono fare a meno di essere dipinti”.