Letters in Jazz

Letters in jazz
Era il 1966 quando l’allora giovane Zaza Calzia esponeva alla Galleria “A” di Sassari, tempio
dell’avanguardia artistica locale, i risultati dei primi anni della sua ricerca. Mauro Manca, direttore
dell’Istituto d’Arte di Sassari, presentava con orgoglio la sua allieva prediletta nelle preziose righe
introduttive del catalogo della mostra definendo i lavori dell’artista felice espressione del suo tempo:
” Gli spazi lacerati di Zaza Calzia e le sue ultime vibranti superfici materiche appartengono a questo
mondo”. In effetti vedere i dipinti “informali” degli anni ’50 dimostra chiaramente come Zaza Calzia
avesse compreso come pochi altri la portata innovativa di un tale linguaggio. “Una pittura fatta di
lacerazioni abbaglianti e angosciose burrasche d’ombra”, scrisse il critico Salvatore Naitza, in
occasione di un’antologica del 1983.
Oggi si può ben capire l’orgoglio di Mauro Manca, grande artista che rinnovò il linguaggio
contemporaneo in Sardegna: le poetiche informali, nel rapporto tra forma, materia e gesto, risultano
in questi anni già risolte con grande potenza e maturità dalla giovane allieva Zaza Calzia tra le più
talentuose, anzi la più talentuosa dei componenti del Gruppo A, fondato a Sassari e considerato,
insieme al cagliaritano Studio 58, cenacolo d’avanguardia dell’arte contemporanea del Dopoguerra
in Sardegna.
Ciò lo diciamo con buona pace di tanti artisti (maschi) forse eccessivamente sopravvalutati nelle loro
pedisseque e stanche ri-elaborazioni di codici pittorici e stilemi impolverati anche quando la
modernità si palesò in anch’essi ritardatari accostamenti alle correnti avanguardistiche europee.
La mostra intende indagare il progressivo rarefarsi dell’iniziale linguaggio informale e gestuale di
Zaza Calzia che si appropriò e arricchì nel tempo di nuovi segni intesi come unità estetiche, ossia le
lettere, per stabilire un nuovo alfabeto portato a maturazione negli anni ’80 senza mai perdere ma,
al contrario, potenziare la forza e drammaticità del racconto. Il collage, si propose sempre più come
linguaggio protagonista sulla pittura fino a invadere la superficie in ogni spazio possibile di caratteri
infiniti in scale differenti tutti provenienti dalla medesima rivista: la cultura POP sezionata e de-
strutturata verso la sublimazione che è puro ritmo.
Nel 1987 Zaza Calzia presentò i suoi straordinari papier collé, pietra miliare di questo percorso, alla
galleria l’Ariete di Roma ottenendo grande successo di pubblico e critica. Sono opere che parlano
la stessa lingua della musica Jazz, in grado di liberare inusitate energie primigenie e orgiastiche in
costante vorticoso movimento.
“Se la musica è un luogo – il Jazz è la città”, ebbe a dire la scrittrice Vera Nazarian, questo legame
jazz-città, sembra avvicinare le opere di Zaza Calzia ai lavori pittorici di Costantino Nivola, grande
artista sardo che visse una travolgente carriera tra Orani, piccolo borgo nel nuorese, e New York
intrecciando la sua esistenza a personaggi quali Le Corbusier, De Kooning, Kline, Léger, Pollock.
A partire dagli anni ’90 le “Lettres découpées” ripresero un percorso di sintesi a cui la maturità e
l’esperienza della lunga carriera artistica, o forse più le lezioni che, nel bene e nel male, la vita la
costrinse a seguire, infusero una sottile ironia fluttuante e disincantata che accompagnò la mano
senza errore di Zaza su numerosi fogli di carta. Queste piccole, vitali, giovanissime opere, se
montate insieme, raccontano l’arte della variazione, in una storia, ancora una volta musicale,
compiuta con solidità di pensiero ed estrema economia di mezzi.
L’installazione site specific dei coloratissimi tubi di lettere sembra precipitare in questo mondo
direttamente dall’immaginazione divertita di Zaza. Sono elementi leggeri, neo-dadaisti, che turbano
gli equilibri ed esaltano il ritmo di una danza corale.
Null’altro diremo ancora, tacendo sulla vasta produzione e formidabile ricerca di un’artista a cui,
nonostante la brillante carriera e i molti successi nazionali, ha pesato un apostrofo di troppo e cheora finalmente attende un impegnativo, legittimo e ampio lavoro di valorizzazione che,
fortunatamente, si sente già in atto. Lo scriviamo con la speranza che ciò accada rapidamente
affinché un pubblico sempre più ampio possa provare, per dirla con le parole di Salvatore Naitza già
docente di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Univeristà di Cagliari: il piacere della scoperta di
un autentico temperamento artistico.
Efisio Carbone