“E’ il luogo che suggerisce, che in qualche modo genera l’opera…”
Andrea Santarlasci
“Nelle fasi preliminari del mio lavoro ciò che precede l’azione è l’osservazione, che mi pone in una dimensione ricettiva. Esistono energie visibili e invisibili nei luoghi, e noi siamo in grado di ascoltarle, di mettersi in relazione con loro. Ogni dischiudersi davanti a me di queste immagini non è mai del tutto una scelta razionale, una scelta volontaria, queste figure si impongono dentro la mia immaginazione, dentro la mia riflessione che partecipano a questa antica e allo stesso tempo nuova configurazione delle cose, senza la pretesa né la volontà di poterle definire, ma aprendomi ad una meditazione che ne attivi anche una continua interrogazione.”
Andrea Santarlasci
La ricerca di Andrea Santarlasci si è sviluppata a partire dai primi anni ’90 attraverso una approfondita meditazione sulle relazioni e distinzioni tra spazio e luogo, con un approccio sempre più narrativo carico di aspetti metaforici e simbolici non codificati, capaci di innescare ulteriori interpretazioni, tali da restituire un repertorio della complessità del pensiero e della materia dove si esplicita e si evidenzia il carattere ambiguo e paradossale del tempo.
“Il lavoro di Andrea Santarlasci, – scrive Lorand Hegyi – profondamente evocativo, poeticamente complesso, emotivamente offensivo e allo stesso tempo elegantemente silenzioso, collega sottilmente diversi campi di esperienza, e di incontri intellettuali per creare una zona di riferimenti e connotazioni molto articolata e intensa che intende sensibilizzare essenziali costellazioni culturali e antropologiche”.
In questa occasione l’artista affronta ed interpreta temi che riguardano la realtà e la storia della città di Catania, ma anche le sue leggende, che possono divenire valori universali dell’esistenza e continuano ad essere profondamente pertinenti alle problematiche del mondo contemporaneo.
Continua Lorand Hegyi “L’opera di Andrea Santarlasci incarna l’appassionata messa in discussione della credibilità della cosiddetta realtà realizzando metafore estremamente suggestive, … intellettualmente intriganti e poeticamente potenti dell’unità divisa dell’universo, che si riflette, poi, sia nelle grandi narrazioni dei miti, sia nelle micro-narrazioni delle costellazioni concrete, immediate, locali, storiche, archeologiche, geopolitiche, socioculturali di ogni locus, come concretizzazione della realtà umana”.
Come dichiara l’artista: “… Il progetto nasce da una riflessione sul luogo. Dalla città di Catania è scaturita l’idea di affrontare ed interpretare i temi e le suggestioni che si intessono con il suo territorio, la storia e le leggende che riguardano i fiumi sotterranei, reali e mitici, acque invisibili, leggendarie, oscure o scomparse, che spesso divengono risonanze metaforiche e ci portano a riflettere e meditare su quesiti universali ed esistenziali dell’uomo, come il dolore e la morte. Valori opposti quali immobilità e scorrimento, colti simultaneamente in una compresenza, saranno ulteriori temi affrontati attraverso la sostanza dell’acqua che diviene, allo stesso tempo, metafora della morte e della vita”.
All’interno della galleria verrà presentata una grande installazione site specific dal titolo Sotto di noi, immobile scorre il tempo dell’acqua, 2018, ispirata, sia ai percorsi d’acqua del sottosuolo come l’Amenano, il Simeto e il lago Nicito, spesso deviati, sommersi o scomparsi a causa delle calamità naturali come terremoti e colate laviche che nei secoli si sono susseguite, sia a quelli immaginari o mitologici, come l’Aci che ritroviamo spesso nella narrativa classica.
L’opera è costituita da un ampio pavimento di legno eroso che ripercorre tutto il perimetro della galleria, dove si apre una rottura, una rovina, una voragine, un vuoto da cui emerge l’acqua profonda e scura, di un possibile fiume sotterraneo. Come il riaffiorare di un qualcosa di nascosto e invisibile, o il materializzarsi della memoria e dell’immaginazione.
Come dichiara l’artista: “Dall’alto cala enigmaticamente una luce, quasi a segnalare il punto di emersione delle acque che affiorano dal sottosuolo lievemente increspate da una leggera corrente, ma allo stesso tempo immobili e circoscritte nel perimetro della galleria, quasi a evocare le acque chiuse di Gaston Bachelard ‘L’acqua chiusa prende la morte nel suo seno. L’acqua rende la morte elementare. L’acqua muore con la morte nella sua sostanza. L’acqua diventa allora un nulla sostanziale. Non si può andare oltre nella disperazione. Per alcune anime, l’acqua è la materia della disperazione’ ”.
Questo intervento diviene anche una pratica per attivare contrattempi temporali e spaziali, spaesamenti e appaesamenti, ricontestualizzazioni fisiche che spesso riguardano aspetti essenziali di luoghi ed ambienti, tanto da stimolarne una diversa, ma peculiare visione delle loro caratteristiche, spesso celate o dimenticate, in una costante variazione e sovrapposizione tra presenza e assenza. Come ha avuto modo di dichiarare l’artista: “E’ proprio nel punto dove si può scorgere un vuoto, ciò che è scomparso può far intravedere la sua presenza. Un’oscillazione tra mancanza e persistenza, una relazione, un cortocircuito tra ciò che è scomparso e ciò che incessantemente non smette di riaffiorare”.
Saranno inoltre presentate alcune opere pittoriche, realizzate appositamente per questo progetto, dove compaiono parole scelte ed estratte da suggestioni letterarie che riguardano o sono legate a questo territorio, come il termine latino Lacrimae individuato all’interno del testo della leggenda di Galatea nel XIII libro delle Metamorfosi di Ovidio.
Scrive Lorand Hegyi: “L’opera di Andrea Santarlasci agisce su due livelli: quello storico-socio-culturale, archeologico ed etnografico, che enfatizza le realtà concrete, locali, immediate, come il luogo e la sua gente, e quello che evoca dimensioni metaforiche, poetiche, spirituali, che tendono a segnalare prospettive di illimitati drammi emotivi ed esistenziali, gli inevitabili conflitti tra stabilità, immobilità, trasparenza e dall’altra parte oscurità, instabilità, fluidità incertezza … Il titolo della mostra, Lacrimae evoca il mito di Galatea, splendidamente narrato nelle Metamorfosi di Ovidio, come una storia sempre attuale di amore e di dolore, come incarnazione toccante e profondamente inquietante dell’inevitabile e immutabile destino della vita umana, che è limitato, temporalmente e radicalmente incorniciato tra nascita e morte. La qualità vividamente commovente e un po’ malinconica, allo stesso tempo irritante e interrogativa del lavoro di Andrea Santarlasci, nasce da una approfondita lettura della storia di Galatea, che si trasforma in paradigma di temporalità e generosità, dove attraverso la sofferenza personale l’individuo è in grado di offrire e donare qualcosa di essenziale agli altri”.