CIAO!

Ciao!
Ciao!
Che ne pensi della mostra?
Non so, sono appena arrivato. Guarda, mi prendo una birra e sono da te.
Ciao.
Ciao!

Gente che si raduna. C’è un bar, musica che suona, e intorno, sopra e dentro questa scena vi sono delle opere d’arte.
Una costruzione in legno, precaria, coperta di foglie di palma e dipinta con i colori dell’ arcobaleno, che funge da bancone. Le persone guardano, ma senza realmente guardare, libere dai soliti preconcetti: davanti all’arte, sembra si sentano obbligate a capire.
L’arte occupa una posizione di mezzo: agisce da connettore, da veicolo per le proiezioni dello spettatore, fa da supporto per ogni sorta di teorie, e può essere usata o abusata per illustrare delle mostre a tema, belle o brutte che siano.
Ciao! è esattamente questo: una via di mezzo, che può significare qualsiasi cosa, ma che è allo stesso tempo un qualcosa di tangibile; è questo e non quello: ha un che di affermativo, alla Baldessari.
Come un palindromo composto da lettere diseguali, o un contenitore mezzo pieno e mezzo vuoto, Ciao! è il preludio e insieme la fine, funziona come un ciao e un arrivederci.
Le opere qui vengono viste come se fossero pubblicità di bibite, di quelle che si vedono mentre si esce dalla metro. Si presentano senza alcuna resistenza, nel bel mezzo di un evento, un segmento di tempo vissuto in maniera collettiva.
La galleria inaugura il suo nuovo spazio, e questa celebrazione ha lo scopo di portare fortuna: si potrebbe dire di buon auspicio. Offre del tempo da passare a guardare, ma non necessariamente a guardare le opere d’arte.
Una galleria piena di corpi che si relazionano alle opere d’arte! Pollock sarebbe invidioso…
Alla fine l’unico oggetto che non sfugge alla fame contemporanea di capire tutto è proprio il bar stesso.
Cos’è? Da dove è venuto? Qual è il suo ruolo in questa mostra? È una situazione, una scultura o una performance, con quegli artisti che servono da bere? Ora iniziamo a parlare. Ciao!