SOCIETY

Come in molti artisti europei della sua generazione Nicola Pecoraro manifesta un palese disinteresse rispetto quelli che sembrano essere i valori correnti sui quali si fonda gran parte della ricerca artistica contemporanea.

Egli non sembra interessato a collocare il suo lavoro facendo riferimento alla storia o al sistema dell’arte, bensì ad un insieme di segnali che provengono dal quotidiano. Segnali che si accumulano, e, addensandosi, tendono a cambiare di significato o a perderlo del tutto, un po’ come il rumore bianco è generato dall’accumulo di frequenze sonore. Questa densità rende difficile la lettura del lavoro, e così facendo lo apre a molte più interpretazioni.

Questa mostra è un tentativo di far confluire un pensiero materiale in una serie di oggetti. Nel processo creativo è tutto abbastanza casuale, utilizza la cera perché ha sentito che si usa in una festa religiosa ed è di facile reperimento a Catania, così come per i legni utilizzati per le forme… “in ogni angolo nascono cumuli di detriti”. E’ casuale nella misura in cui ogni azione presuppone una conoscenza ereditata dalla precedente esperienza e/o appresa contestualmente al fare dall’artigiano di turno. Un approccio consapevole, ma allo stesso tempo intuitivo, un procedere fatto di tentativi su tentativi, prove su prove, scarti su scarti, che lo arricchisce di conoscenza e significati, fin al punto in cui l’opera si manifesta.

In mostra sono presenti tre tipologie di opere: una “pittura” su plastica, sculture in cera e uno slideshow proiettato su parete.

Egli definisce queste, come tutti i suoi lavori, “scorie” di un processo. Sono superficie polietileniche su cui agiscono con parziale autonomia pigmenti, acidi, e materie di ogni genere. Sono massa, sottraggono aria ad un volume (lo stampo), peso su una superficie, sono monoliti monumentali fatti di una materia duttile, ma che raffreddata diviene dura al punto da poter essere scolpita come pietra, rimanendo sempre sensibile al calore e alle condizioni ambientali. Sono immagini astratte, ma allo stesso tempo visioni di una realtà comune ai nostri occhi, con un carattere formale esaltato dal viraggio in bianco e nero. Immagini fotografate, manipolate e proiettate, giusto per complicare la lettura o meglio aggiungere esperienza a esperienza, tentativo ad altro tentativo.

Semplici scorie che tuttavia posseggono una straordinaria qualità plastica, quanto una notevole potenzialità lirica, aspetti propri dell’arte e sufficienti a renderle altro rispetto a ciò che sono. Sono opere in grado di stimolare la sensibilità, il giudizio estetico, quanto di raccontare e mostrare una porzione della realtà.

A monte nessuna idea, nessun racconto o tema, solo l’opera che diviene idea nel processo stesso di crearsi.