Guidata da una preoccupazione circa la soggettività dei fatti, Elizabeth Moran utilizza varie forme di documentazione per esaminare la credibilità delle informazioni e per dimostrare come l’evidenza sia spesso lontana dall’evidente. TIME will tell fa parte di un progetto in corso che include una ricerca approfondita dell’archivio aziendale di TIME, Inc. ed una indagine sulla storia iniziale dei primi verificatori professionali dei fatti, i cosiddetti fact-checkers.
La posizione di verificatore dei fatti è stata creata dalla rivista TIME nel 1923, l’anno del suo esordio. Per reagire al giornalismo indirizzato a provocare sensazioni dei tabloid dell’epoca, Briton Hadden e Henry Luce crearono TIME come primo settimanale di attualità negli Stati Uniti teso a dare priorità all’accuratezza rispetto alla velocità (a differenza dei quotidiani). I giornalisti di TIME raccolsero storie da circa 300 giornali e scrissero i loro reportage “dopo quello che è forse il controllo più completo ed esaustivo delle fonti di notizie fatto nel mondo.” Il risultato fondamentale della pubblicazione consisteva nel presentare fatti confermati ed attendibili. TIME pubblicizzava la sua innovazione con annunci tra le proprie pagine, riferendosi ripetutamente a miti storici e letterari (tratti da Omero, Shakespeare, Alessandro Magno, ecc.) per spiegare la verifica dei fatti – “Quando Teseo entrò nel labirinto, non era stupido”. In più, lo stile di scrittura di TIME era modellato sull’opera di Omero, in cui soggetti e verbi erano scritti in ordine inverso. I materiali di riferimento a disposizione dei primi fact-checkers erano similmente limitati alla letteratura classica: la prima biblioteca di ricerca di TIME, Inc. conteneva solo copie della Bibbia, dell’Iliade di Omero, e dell’Anabasi di Senofonte.
In questa mostra Moran esamina il ruolo della costruzione di miti dagli inizi del giornalismo moderno fino all’attuale diffusione dei media. A quasi 100 anni dall’invenzione del fact-checking, notizie ed informazioni sono passati dalla stampa ai pixel. Simile alla tradizione dei bardi locali, certe storie continuano a circolare attraverso tempi e culture, mentre altre si trasformano o spariscono completamente. A circondare la galleria, come pagine fresche di stampa, ci sono tutti gli annunci con cui TIME, nel 1923, pubblicizzava se stesso. Alcuni riempiono l’intera pagina, altri sono più piccoli, rivelando frammenti di reportage (con l’inserimento di fatti discutibili per gli standard di oggi ─ un indizio che la cosiddetta oggettività è a priori sempre soggettiva). Esposte in ordine cronologico, le stampe derivano da scansioni digitali dei microfilm delle edizioni originali di TIME, mostrando segni (lacerazioni, graffiature, scomposizioni in pixel) di ogni conversione e trasformazione subiti nel secolo scorso ─ dalla stampa offset al microfilm, dalla pagina digitalizzata fino alla stampa a getto d’inchiostro. Simile al gioco del telefono senza fili, queste stampe somigliano alla pubblicazione originale, ma ora compaiono come apparizioni.
Due stampe supplementari provengono da edizioni successive. TIME Volume IV, n. 9 rivela l’influenza di Giulio Cesare su Hadden e Luce, e il loro desiderio di creare un impero mediatico. A Cesare viene attribuito il merito di inventare le notizie quotidiane, acta diurna, e in questo annuncio presciente, Hadden e Luce chiamarono il futuro dell’informazione “l’era della selezione” ─ un’era in cui ci troviamo oggi. I co-fondatori consideravano se stessi e TIME come una risposta moderna all’acta diurna di Cesare. In tal senso, Moran soddisfa il desiderio dei due uomini presentandoli come busti di porcellana nello stile del ritratto Tusculo, l’unico ritratto esistente di Cesare che è stato eseguito mentre era ancora in vita. Tuttavia, invece di riprendere le dimensioni imponenti del ritratto di Cesare, Moran li riduce a reggilibri che mantengono tra di loro i miti che tanto adoravano ─ copie della Bibbia, dell’Iliade di Omero, dell’Anabasi di Senofonte, una ricostruzione, appunto, della prima biblioteca di riferimento di TIME, Inc.
Per quest’installazione in Italia, e per tradurre questi primi annunci pubblicitari per TIME, Moran ha collaborato con la traduttrice giornalistica Liliana Cardile. Simile all’invenzione del fact-checking quasi un secolo fa, la traduzione giornalistica rappresenta oggi un nuovo campo d’innovazione. In un tempo in cui le notizie locali vengono sostitute da notiziari internazionali e social media, le agenzie di stampa e le associazioni non profit si impegnano a coordinare meglio le loro notizie per garantire ad una storia una diffusione plurilingue coerente. Ripetere una storia in un’altra lingua richiede più di una traduzione di parole: l’accuratezza richiede competenze editoriali. I visitatori di madrelingua italiana scopriranno gli annunci vintage di TIME unicamente attraverso le traduzioni attuali di Cardile.
L’opera di Moran – dalla sua mediazione tecnologica fino a quella linguistica – ci ricorda che la verifica dei fatti non è semplicemente un processo per confermare la veridicità di una informazione. La verifica dei fatti è un altro modo ancora per creare miti.
Biografia dell’artista
L’opera di Elizabeth Moran (nata nel 1984 a Houston, Texas, USA) è basata su progetti in cui esamina la dipendenza di credenze personali e sociali da una presunta oggettività. Moran ha ricevuto borse di studio dalla San Francisco Foundation e dalla Thierny Family Foundation. Tra le sue mostre personali citiamo le seguenti: SMU’s Hawn Gallery, Dallas TX; Cuchifritos Gallery, New York, NY; Black Crown Gallery, Oakland, California; NYU’s Gulf and Western Gallery, New York, NY. Le sue opere sono state presenti in mostre collettive presso la galleria Studio la Città, Verona, Italia; The Contemporary Jewish Museum, San Francisco, California; il Headlands Center for the Arts, Sausalito, California; il Wattis Institute of Contemporary Arts, San Francisco, California. È stata artista residente presso il Vermont Studio Center, New York Art Residency and Studios (NARS) Foundation, Wassaic Project, e presso l’Artists Alliance Inc’s LES Studio Program. Il suo lavoro è stato presentato sulle pagine di The New York Times, Harper’s, The New Yorker, WIRED, VICE, e sul British Journal of Photograpy, per citarne solo alcuni. Moran ha conseguito un MFA + MA in Visual & Critical Studies presso il California College of the Arts, ed un BFA presso la New York University’s Tisch School of the Arts. Vive e lavora a Brooklyn, NY.