A più di cinquant’anni dalla partecipazione alla ormai storica rassegna di arte urbana Intervento sulla città e sul paesaggio, tenutasi nel 1970 a Zafferana Etnea, Paolo Masi torna a esporre a Catania con una mostra personale alla Galleria Massimo Ligreggi: attraverso una selezione di opere chiave appartenenti alle varie fasi del suo percorso artistico, dai primi anni Sessanta a oggi, l’esposizione getta luce sul rigore e l’attitudine analitica che hanno contrassegnato il lavoro di uno dei protagonisti della neoavanguardia italiana del XX secolo. Animatore della scena artistica fiorentina, Paolo Masi, dopo una breve ma incisiva stagione legata all’esperienza dell’Informale, recupera la lezione delle prime avanguardie – Suprematismo, De Stijl e Bauhaus in primis – per avviare un’originalissima ricerca sui legami tra pittura, spazio e luce, concepiti come elementi dinamici e variabili nel processo di percezione umana. La superficie del quadro, nel lavoro di Masi, diviene un campo di forze in tensione, dove i segni-colore rimodulano lo spazio secondo direttrici mutevoli, entrando in relazione strettissima con l’ambiente esterno e soprattutto con l’esperienza ottico-percettiva di chi li osserva. Di «una dilatazione continua in termini ritmo-dinamici» ha parlato Lara Vinca-Masini, tra le prime e più lucide interpreti dell’arte di Masi, ponendo l’accento sul carattere temporalizzato e contingente dei suoi lavori. Aspetti siffatti sono presenti in tutte le opere esposte in mostra: dai raffinati dipinti a tempera su carta del 1962, dove la gestualità mossa si apre ai nuovi simboli della civiltà moderna (segnaletica stradale, frecce, numeri), agli intrecci labirintici dei lavori degli anni Ottanta; dalle griglie-impronte di stampo costruttivista degli anni Novanta, alle superfici plastiche trasparenti dipinte a spray dei primi anni Duemila, sino alla grande installazione composta da trentuno righelli in plexiglas, progettata nel 2013 per le sale della Galleria Frittelli di Firenze e ripensata appositamente per gli spazi della Galleria Massimo Ligreggi. La scelta del righello non è casuale: strumento di misurazione per eccellenza, alla base del disegno artistico e architettonico, questo oggetto, come accade nei dipinti metafisici di Giorgio de Chirico, Carlo Carrà e più tardi in quelli di Tano Festa, viene assunto da Masi come simbolo della pittura stessa, ha valore metonimico. Benché l’artista sin dagli anni Sessanta sia coinvolto in un processo di effrazione dei confini del quadro e s’impegni in un’intensa sperimentazione di materiali extra-artistici (si pensi, ad esempio, alle Tessiture o ai Cartoni degli anni Settanta), il suo lavoro rimane squisitamente pittorico. Ma quella compiuta da Masi non è un’operazione di recupero della pittura modernista, nell’accezione che Clement Greenberg ha dato a questo termine: la sua è una pittura ripensata secondo canoni nuovi, concepita per essere esperita fenomenologicamente e pronta ad accogliere la contingenza dello spazio e del tempo reali. È una pittura, quella di Masi, che si confronta con la quotidianità del vivere e con l’immanenza della percezione umana.
Raffaella Perna